top of page

"Lo Spiedo": delizia gastronomica tradizionale delle valli bresciane.

Aggiornamento: 21 mag 2021


Lo "spiedo bresciano" è un modo di preparare varie tipologie di carne e un tempo di cacciagione che affonda le sue radici nella storia e nella tradizione delle valli pedemontane della provincia di Brescia, tant'è che nel 2011 due cittadine della zona, Serle e Gussago, hanno ottenuto la denominazione De.Co (Denominazione Comunale) come riconoscimento della tipicità di questa particolare ricetta. L’arte di cuocere la carne sul fuoco è antichissima ed è pratica comune alla storia di tutti i popoli della Terra. Anticamente le carni venivano poste a cuocere sul fuoco su bastoni di legno, e solo nel Tardo Medioevo, venne creato lo spiedo (dal latino medievale spetus); le carni venivano infilate su una lancia di ferro posizionata sopra o davanti al fuoco.


Che cosa allora fa sì che la ricetta dello spiedo bresciano sia tanto particolare al punto di divenire sinonimo di un territorio?

Lo spiedo bresciano è un piatto di umili origini a base di carne, in particolare cacciagione e animali da cortile: uccellini, pollo o anatra (petto, cosce oppure ali), coniglio, coppa o lonza di maiale; animali da cortile appunto o di piccola taglia essendo anticamente gli animali di grossa taglia riservati alla caccia dei nobili. Da diversi anni la situazione è molto cambiata e numerose specie di uccelli sono protetti e non possono più essere cacciati e utilizzati per questa preparazione culinaria che ha comunque conservato tutte le sue peculiari caratteristiche di sostanza, sapore e qualità come vuole la miglior consuetudine tradizionale.


La Preparazione.


Ogni pezzetto di carne, chiamato prese, è intervallato da foglie di salvia e infilato su lunghe lance, gli spiedi per l'appunto. In dialetto bresciano prendono il nome di bracoi o schidoni. E' una preparazione che richiede tempo, molta accuratezza ed esperienza che si tradurranno poi in una miglior qualità della cottura e della fragranza delle carni.

Secondo un "protocollo" di tradizione le prese non devono superare u determinato peso, 70-80 grammi l’una, in modo da garantire una cottura uniforme. Inoltre si devono alternare carni più e meno grasse. Alcuni osservano un ordine preciso di alternanza delle varie carni, ordine che subisce talvolta cambiamenti e deroghe a seconda dei luoghi e del gusto personale di coloro che come a un rito si dedicano a questa pratica.

L’ordine perfetto dovrebbe essere: costoletta, pollo o simile, lonza, coniglio, uccello. Qualche pezzo di patata dello spessore di 1 cm è ammesso nello spiedone, soprattutto all’inizio e alla fine. A questo punto i vari spiedi vengono posizionati su una struttura pensata per garantire una rotazione costante agli schidoni durante la cottura. Un tempo tutto era fatto manualmente mentre oggi esistono in commercio girarrosti elettrici che semplificano e agevolano il lavoro e le fasi di cottura. Un grande aiuto poiché la cottura di questa specialità è lenta e lunga: si parla dalle 4 alle 6 ore. Durante questo tempo, ogni 45 minuti la carne deve essere unta con del burro (preferibilmente locale o d’alpeggio, che conferisce un particolare sapore alle prese) per mantenerla morbida ed evitare che si carbonizzi. Particolarità di questa preparazione è anche il fatto che il burro, che cade sul fondo del girarrosto, è recuperato e usato nuovamente per mantenere le prese tenere. Vicino al Garda c’è chi sostituisce il burro con il rinomato olio della zona.


La cottura


Lo spiedo cuoce lentamente con il calore delle braci ardenti che vanno mantenute accudite con sapienza, posizionate a circa 15-20 centimetri dalle carni. La ricetta del comune di Serle prevede che la cottura sia fatta esclusivamente con braci di legna, meglio se con legni profumati come quelli di frassino, nocciolo, ginepro, faggio e roverella, che hanno anche il vantaggio di riuscire a bruciare a lungo. C’è chi invece preferisce la legna di ulivo o di vite. Del resto, come ogni tradizione che si rispetti, ogni famiglia e ogni ristoratore ha la sua usanza e la sua storia. Per facilità alcuni utilizzano girarrosti scaldati elettricamente ma i palati più esperti ed esigenti affermano che il risultato non è lo stesso.


Come va servito


Lo spiedo bresciano è stato per anni il piatto tipico del pranzo della domenica, tradizione e usanza che molti continuano a preservare; va servito ben caldo e molto frequentemente viene accompagnato da una rustica polenta, meglio se realizzata con farine scelte macinate in modo tradizionale; la polenta diviene un nido per accogliere l'intingolo che durante le varie ore di cottura le carni hanno lasciato cadere sotto gli spiedi, e che aggiunge un tocco prezioso per gustare al meglio questo piatto straordinario, che racchiude e racconta secoli di storia, di Vita e di Cultura delle nostre Terre Bresciane.

E' tradizione preparare da servire prima dello spiedo una minestra sporca, altra ricetta dalle origini contadine. Si tratta fondamentalmente di un brodo di carne sporcato con le frattaglie di gallina (per lo più durelli e fegato).


Con che Vino?

Per accompagnare un pasto tanto ricco non può mancare un buon bicchiere di vino bresciano di alto profilo e qualità; La Cantina "Perla del Garda" produce un vino prestigioso, un Merlot in purezza che matura in botti di legno di rovere da 225 litri per almeno 12 mesi. Si chiama " Filo Rosso" e con il suo corpo avvolgente e deciso saprà esaltare il vostro spiedo con grande carattere.





69 visualizzazioni
bottom of page